Max Tosi
Di Cristina De Grandi
Massimo Tosi, meglio noto come il Professor Max Tosi è generalmente considerato essere il precursore della letteratura ladina delle Dolomiti, ma egli fu anche lideatore ed il fondatore della prima Union di Ladins, che sorse a Merano nell immediato secondo dopoguerra con lo scopo di difendere e di conservare la lingua e la cultura ladina. Egli dedicò tutta la sua vita allo studio del ladino ed in particolare dellidioma gardenese ed egli nutrì incessantemente un profondo affetto per la Val Gardena che rappresentò per lui il suo "da cësa".
Max Tosi nacque a Villanova Marchesana (Ro) il 1º marzo 1913 da una famiglia di origine friulana. Il suo particolare interesse per la lingua ladina gli fu inizialmente inculcato dalla madre Telene Tosi, la quale soleva mandare il figlio a soggiornare in Val Gardena durante il periodo estivo, per permettergli di entrare direttamente in contatto con la realtà dolomitica e di confrontarsi con la parlata ladina. Il primo contatto del Tosi con la Val Gardena risale a giovane età e si colloca allincirca attorno ai suoi dodici anni. In ogni modo è accertato che la sua prima poesia in ladino intitolata Ansciuda inviërnela è stata composta alletà di quindici anni.
Durante i suoi soggiorni ad Ortisei in Val Gardena, e più precisamente nelle località di Coi e di Costa, Max Tosi maturò un vivo interesse non solo per la lingua, ma anche per le tradizioni, gli usi e i costumi ladini, che lo spinse dapprima a dedicarsi, non senza fatica, allo studio della varietà ladina gardenese, ad adottare tale idioma per conferire forma ed espressione artistica al suo sentire ed anche a farsi paladino della difesa e della conservazione della lingua ladina, assieme alla cultura da essa incarnata, mediante la fondazione dellassociazione culturale meranese.
Il profilo biografico di Max Tosi presenta limmagine di un uomo caratterizzato da una robusta e solida preparazione culturale e da una vasta conoscenza delle parlate romanze, che gli derivarono principalmente dal suo percorso di studi presso lUniversità Cattolica del Sacro Cuore a Milano, ove conseguì la laurea in Filologia Romanza. Dopo essersi trasferito a Obermais presso Merano, ad esercitare la professione di insegnante di Lettere, Max Tosi continuò a mantenere e a curare il contatto con la Val Gardena e nel aprile 1975 venne pubblicato ad opera dellUnion di Ladins de Gherdëina e grazie alla preziosa collaborazione ed all ausilio di Frida Piazza il suo primo ed unico libro intitolato Ciofes da Mont e contenente testi poetici e brani in prosa.
Il libro del Tosi è strutturato in tre parti: la prima parte è sottotitolata "Ciofes da mont" e contiene poesie che esprimono attraverso un tono piuttosto elevato lamore per la terra e la gente ladina, per la natura, per la religione, ma anche lorrore per le barbarie della seconda guerra mondiale. La parte centrale, "Ciofes dë Val", presenta brani in prosa caratterizzati da un linguaggio raffinato e tesi a dare voce a degli insegnamenti morali, mentre la parte finale che porta il sottotitolo di "Ciofes dë paluch" contiene testi poetici satirici, burleschi, lepidi, arguti e talora dissacranti e sottende a tratti una critica pungente alletà contemporanea.
Questopera rispecchia chiaramente la personalità del poeta con i suoi alti e i suoi bassi, con la sua capacità di entusiasmarsi e di entusiasmare, con la sua ipersensibilità, con i suoi conflitti interiori e con la sua propensione alla sofferenza.
Gli ultimi anni di vita di Max Tosi sono caratterizzati da una profonda solitudine e da un grande vuoto esistenziale. Il suo ritiro ascetico nel suo appartamento di Merano fu parzialmente determinato dallincomprensione che il Tosi avvertiva da parte della società e dalla sua incapacità di vivere a contatto con gli altri, ma anche dal suo stato di salute, che andava sempre più peggiorando. Attraverso il suo completo isolamento, Max Tosi adottò un atteggiamento che fu coerente con tutta la sua vita e con la sua poesia ed egli finì con il rassomigliare al prototipo delleroe romantico che vive la solitudine del genio incompreso e che soffre perché la sua sensibilità non viene riconosciuta dalla società. Max Tosi morì il 10 novembre 1988 nellOspedale di Marinsbrunn presso Merano.
Di seguito propongo una cernita di liriche inedite di Max Tosi, che faccio precedere dalla poesia "Doi sortes dë tofes" già precedentemente pubblicata in Ciofes da Mont e di cui mi avvalgo come introduzione alle altre poesie, in quanto in essa emerge tutto il discorso baudeleriano dei sensi ed in particolare dellolfatto, del dualismo e della sintesi nonché il procedimento per opposizioni, che ritroviamo anche nelle altre liriche.
Lopposizione caratteristica della poesia simbolista di Charles Baudelaire tra Spleen ed Idèal è evidente in modo particolare in "Dan lautere de Lana De Sot", ove il poeta esprime il suo desiderio di compiere un grande salto dviers dl ciel al fine di scordare la realtà che schirma tl pantan una moltitudine di vite umane. Questa poesia si riallaccia alla poesia "Dan lautère dë H.Schnatterpech", pubblicata in Ciofes da Mont a p.43 e composta a Lana il 20 luglio 1940.
"Amor ( La Pascion d savei gien )" è una poesia profondamente dialogica. Essa è composta da sette quartine; le prime tre sono cantate dallio lirico mentre le quattro quartine finali dalla puera ğeuna che fa per la prima volta lesperienza dellamore.
In "Kumjà" troviamo la presenza della usch askenduda che tanto ricorda la voce dellinteriorità e della coscienza tipica della poesia di Emilio Praga. In questa lirica del Tosi emerge soprattutto nella quartina finale il problema dellespressione, che è prevalentemente legato alla scelta formale e linguistica. Infatti, il Tosi attraverso limpiego della lingua ladina come mezzo di espressione poetica, cercò con consapevolezza di conferire nuova gloria e splendore alla noschta Lingua desprezeda.
Le due poesie "A mi amic Enzo Reghenzi" e "Mi ciësa" ripropongono entrambe il motivo del dualismo e dellopposizione tanto caro alla poesia di Charles Baudelaire, ma nella sua formulazione tanto vicino alla poesia prodotta dal movimento della Scapigliatura Milanese. Nella prima viene celebrato il sentimento dellamicizia e il valore della poesia e inoltre vengono sottolineati la difficoltà del fare poesia, la lotta con la pagina bianca che ricorda la celebre sfida di Stéphane Mallarmé e il fatto che le poesie prodotte dal Tosi in ladino sono simili all " ultimo fiore tardivo di una lingua morente". Nella seconda lirica invece vi è unopposizione tra apparenza ed essenza e il poeta dipinge la sua misera condizione di sofferenza e di patimento in termini piuttosto realistici.
Queste poesie inedite integrano solamente in parte il canzoniere del Tosi, in quanto mettono in luce alcuni aspetti poco conosciuti se non addirittura ignoti di questo personaggio, che sono legati in modo particolare al suo sentire sofferto di poeta che cerca disperatamente di impiegare la lingua ladina come mezzo di espressione malgrado tutte le difficoltà ad essa connesse, al fine di riscattarla e di piegarla al suo sentire. Ed è proprio tenendo a mente questultimo aspetto e considerando i risultati ai quali egli approdò che a mio avviso va misurata la grandezza di Max Tosi: un poeta che scelse di fare poesia in una lingua che non era la sua madrelingua e che riuscì ad inaugurare strade nuove; un grande idealista che attraverso il suo esempio ebbe la forza di persuadere e convincere molte persone del fatto che la lingua ladina era adeguata e meritava di essere innalzata a lingua letteraria.
( La pascion d savei gien )
L autobus sà fermà
ajà che son ruvëi
tl paesc de Tyrol :
A man drëta veij-n na siëna
cun n Crist dl siescënt,
dant a chël a mez jenè,
scchsi amor per demustré,
scutënt y bunerif,
sá gëuri n popul dë rojula.
Ntëur it, japé ad El
së jlergia y jlongia dur,
nsensibl y stufëus,
l stradon da ter chtofa rie.
A nosc Sniëur
me amor y unëur
cun l parfëm dla rojula,
y a la crafla piciadëura da tlojù,
cië chla iè nstëssa dë gauja:
"l puz d benzin y dl asfaut".
(M. Tosi, Ciofes da Mont, poijies y proses ladines, Urtijëi, 1975, p.2)
O bel autere d Lana
kt m es nsenjà da pitl a cialé in aut;
sënj d bontà y d fede,
je ulëss d viers dl ciel peté n gran saut,
Per desmincé kesch mont,
ksodia y se kumbat kin a la mort,
ke schirma tl pantan,
milions de puera vites duni sort.
Kan k ti angiuli y sanč,
à scumëncià a stizé tl lum dl di,
i uemes foa valënč,
duč, pitli y granč, foa benedii da Idie,
Per kësch tu jĕs naschù,
a kuntëmplé la pizes de nosch monč
te ti dliesha sulëna,
destlarida da i vieresch biei, turonč
Plu tert, lmel jĕ uni,
à deshdrù l miëur k santifikoa la vita.
Ulà jé pa lNadel?
Lperdon, lumiltà, ulà jé la shita?
O bel autere d Lana,
ktprëjes, silenziëus, te dliesha ùeta,
jĕ tshure, kue finé,
pur, ske ti artischt, kula kuschienza neta!
( La pascion d savei gien )
Na puera jeuna chfesc l prim jede l esperienza dlamor se pista
Puecia cianties d dut mi liber
à rusnà dl ben dlamor
chesc uel di chgien ne trati
d zeche chm tramenta for.
Ma lcaleur datrai, me bruja,
tan chntendi plu reson,
senfla lsentiment y streva
dasan corp a la cianzon
Zen ne me fesci plu da inora
de ch la geuna chcuntova
ce chëil oa purvà lprim jede
cu l nevic y chm disova:
"Benedì chl smiz de plueia,
chmà dunà tan gudiment,
ben unida nuet dSetember,
scura, fresca y pleina dvent.
Ove ti osc na fiëura granda,
che ne nesse pedù durè,
ove seit dn bos, dna strenta,
chessa lmuet de m sodescfè.
El mà stlut nteur la vita,
si biei bracies ster_ scch l rëur
mà tucà sul fruent cui slefes,
zenza n gem, zenza n remeur
L sautè chmi cuer fagova
giva scchlonda dsi respir
bel lfoa gustè si bocia
zenza pssè do a lavenir "
(1 Setember 1942)
Liber ladin, skrit shu, kun tan de stënta,
dime, ce arà pa Max, kun dut si leur ?
Respuent, ce giateres ana sulënta ?:
"Spines, muejes, ferdrus y puek uneur".
Nschi, mzena sukret, nush askenduda,
ma mdish nke kne desse me despré,
schl mont nmrekunesh y me refuda,
ksch per de rimes, kmà da tan da fe.
Kl bel Die, kveiga dut, l ben y l mel,
ntëndrà tosch schmi fersli vel o nò,
mdarà la forza pr ciante plu bel,
pr abinè roba mjëura, dkeschta tlo.
Farà l psier massa deibl, ghert y fort,
mdarà na forma pura y bën meudleda,
per vencer i nemič ke nes fesch tort,
per salvé noschta Lingua desprezeda.
Tchsc liber salvere y rie da ntender, per tan de ğent,
che sporc me rimes scemples y tan burtes, da fe spavent,
per te, che bel da giut mes ulù ben senziermenter,
jé metù ite chel che msmescedova sucretamenter;
chel chğemova mi spirit arbandunà, dalonč da te,
y da nosc monc, ben masr de mi vita, chjé dut pr me.
A te, o reidl amic dmi giuventù gentil y fort,
susteni ferm y gausa dmi legreza, mi seul cunfort,
a te, messesi dunfri, nopra mpurtanta, n liber grant,
perdone me se chesc vel puec y nia; lmá custà tan!
Pensa, chè vedlà nuetes a la longia, su na plata ueta,
pr scri y meter adum mi scentimenc tna forma stleta.
Chsta poesies jé lultim ciof tardif, dna lingua chmor,
cundaneda a zessé zenza remedio, a disparì per for;
sc enche, chtanč desbuterà la rimes, fates per te,
nsarà de tei, chles giudichrà deslabres, da refudé,
ma tu jés tan valent, mi bon campani, plen de creanza,
chtazetares de bon ulei chesc peni de mi fidanza.
Ti ana jé pura, scch lega dna funtana, ch sbrochora y cianta
danter i crepes chl viandant finà restora y ncanta.
Enč Max, fova n viandant chgiva ncanteur stanc y amalà
che zenza trieva, criova n pue dferstont n pue d bontà,
ti unian ancontra les giudà a varì, ti fin jé arsont,
la roa ersa y saseusa tá prodot n ciof da mont.
(Merano, 1 maggio 1938)
Sce i cunejënč m ndëssa a lavè l fonz,
de mi stua, majon da liët
cun la man te n laveč a tre berdons,
se meiness-l piciá de mi desgrazies
y de mi ciësa zënza pesc y union.
Da n pez encà la renunzia y l patimënt,
má fa denëntè ngrënsč
y sën nnnne rësta chbever gota a gota
dala copa dl dlei.,
ch la ria desdita à ulù for mi bite.
Iè n lësse pa savëi, co che n dëss fe,
per ne viver giut a chsta moda;
fesce drë uni sforz pr uni ora da la broda,
ma i piesc me slizi, y arsësce tl pantàn,
de di n di dan y n an,
zënza n amich che venie a me delibré.
Lie bën velc dauter lavé jù la stua
scchna fanciela trazëusa y despaziënta,
escia y nvedlida a cujinè prà l oles,
che fe poesies per ghërdeina.
Ne ve per-ela pa na ciërta cossa,
chfesc mprescion y pëina ?
Loma tl lët chfantineà drët amalèda.